Nome d'arte del pittore Afro Basaldella, nato ad Udine nel 1912. Ancora bambino, assecondando le sue inclinazioni naturali, comincio a dipingere nell'ambiente familiare; il padre e lo zio erano pittori decoratori, scultori i fratelli più grandi Dino e Mirko. Compiuta la prima formazione artistica a Firenze e Venezia, già nel 1932 iniziò la propria attività con una mostra personale a Milano, che sottolineò "la sincerità e la forza originale in espressioni a tendenza prettamente romantica" (Pittíno)• Il suo stile, in un primo momento eminentemente decorativo e memore del tonalismo veneto, cominciò ad evolversi intorno al 1937, quando trovò una notevole semplificazione formale e un nuovo binario di ricerca: il colore-luce) che sarà leitmotiv della sua pittura. Tra il '46 ed il '47 a Roma, presso la Galleria dello Zodiaco Afro tenne una mostra personale con presentazione di Libero De Libero. Con la stessa prefazione uscì, per le edizioni della Cometa, un volumetto in cui figurano riprodotte le nature morte del 1944, ritratti "Maria" e "Donna che legge" dello stesso anno, il "Ritratto d'artista" del 1945, opere in cui i momenti cubisti, già accennati negli anni precedenti, diventano predominanti. La forza plastica di Picasso, la ricerca dello spazio di Braque sono sintetizzate in antiche immagini cupe a cui non sono estranei ricordi di Cézanne, Matisse e Modigliani. Col maturare della sua esperienza artistica, in Afro si accentuò intanto la tendenza all'astratto, definitivamente chiarificata dai numerosi soggiorni in America tra il 1948 e il 1960, durante i quali conobbe le opere di Arshile Gorky. Nel 1952 aderì al gruppo di Otto, con i quali espose alla XXVI Biennale di Venezia con nove opere, ricevendo un premio acquisto per "Villa Fleurent" del '52. Dal 1935 è stato presente, quasi senza interruzioni, alla Quadriennale romana, e dal '36 alla Biennale di Venezia, vincendovi nel 1956 il premio per il miglior pittore italiano. Nel 1960 a New York, Afro vinse il premio Guggenheim con "L'isola del Giglio". Nello stesso anno, sempre a New York, la Catherine Viviano Gallery ospitò una sua mostra personale con ventuno opere del '58, '59 e '60, di grande espressività pittorica e tensione dove il colore, finalmente libero, ha invaso completamente lo spazio lasciando solo un'impressione: "Viale delle acacie", "Tarragòna", "Via della Croce". Tra il 1969-70, Afro tenne una mostra antologica di circa duecento opere fra dipinti e grafica a Darmstadt, Berlino e Ferrara. Da questo momento cominciò a rinchiudere le sue astrazioni in un controllato gioco di forme dove il colore, sempre più ruolo di protagonista, diventa monocromo: "Grande grigio" del '70, "Grande ocra" del '73, "Via Etnea" del '74, Arfro morì in Svizzera, a Zurigo, il 24 giugno del 1976.
Il ristorante "Tempio di Bacco" a Roma in Via Lombardia conserva nella sua sala interna un dipinto murale del pittore friulano Afro Basaldella, in arte semplicemente Afro. Questo storico locale dedicato a Bacco era, nella Roma dell'immediato dopoguerra, un ritrovo di artisti e letterati, luogo di incontro dove la sera del venerdì si riunivano i più noti personaggi della cultura per pasteggiare e riflettere sulla rinascente vita sociale e culturale della capitale. Gli orrori della guerra erano appena dietro alle spalle e in questo locale nasce il Premio alle Arti, alla Letteratura e alla Musica. Questo diede lo spunto ad Afro, fedele commensale del Tempio, di presentare sulle quattro pareti della sale interna uno scorcio della rinascente vita nell'ottimistica visione di un prossimo roseo futuro in clima postbellico Afro ritrae nel ciclo decorativo delle "Quattro Stagioni", inaugurato il 5 aprile del 1946, alcuni protagonisti della cultura. Con semplici e vigorosi tratti, ci presenta in una rappresentazione carica di ironia e singolarmente divertita: Eugenio Montale, Michelangelo Antonioni, Silvana Mangano, Anna Magnani, Eduardo De Filippo, Giorgio de Chirico, colti con naturalezza, tra gli atri e tra lo stesso autore raffigurato come un funambolo, nei loro incontri a Pincio, all'ombra di Villa Medici, al "Kursaal" di Ostia. Afro soleva fare i disegni preparatori direttamente sulle tovaglie di carta che coprivano i tavoli del locale. La trasposizione su parete venne eseguita direttamente, senza una solida preparazione e senza uso si fissativi e collanti, con pochi, essenziali segni di matita. La definitiva pittura a tempera venne sovrapposta a quella che ricopriva le murature della sala. Questa semplice tecnica esecutiva ha contribuito nel corso degli anni, ad un progressivo deterioramento dell'opera rimasta per decenni in balia degli effetti devastant del tempo, dell'incuria, delle infiltrazioni di umidità, dei fumi della cucina. Solo nel 1992 un integrale lavoro di restauro eseguito con materiali e tecniche all'avanguardia ha permesso di legare indissolubilmente questa rara testi monianza di Afro pittore murale ai luoghi che la hanno sempre ospitata. Oggi è quindi possibile riammirare queste tempere, dalla struttura così delicata ed evanescente, nella loro solare bellezza.
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